Servizi di welfare aziendale e detassazione.

welfare_aziendale-3e4ca4b016d9327f9bede4875d41d4e3Il comma 190 dell’articolo 1 della Legge di Stabilità ha apportato modifiche alla disciplina della detassazione del reddito da lavoro dipendente, anche con riguardo ai piani di welfare aziendale.

La circolare n. 28/E dell’Agenzia delle Entrate del 15 giugno 2016 specifica che si tratta di prestazioni, opere, servizi corrisposti al dipendente in natura o sotto forma di rimborso spese aventi finalità che è possibile definire, sinteticamente, di rilevanza sociale, escluse dal reddito di lavoro dipendente.

Per tali beni e servizi, è prevista una defiscalizzazione e decontribuzione integrale.

Per fruire di tali agevolazioni, è necessario che i servizi e le prestazioni di cui sopra siano garantite alla “generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti”. Non può dunque trattarsi di benefit concessi a singoli lavoratori, ed è evidente che l’impostazione della norma mira ad incentivare l’inserimento delle misure di welfare tra le materie di contrattazione decentrata.

La non concorrenza al reddito di lavoro dipendente a fini fiscali e previdenziali è dunque sobordinata alla condizione che i benefit siano offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti.  Come chiarito dalla Agenzia delle Entrate, “la precedente prassi ha chiarito che nel concetto di generalità o categorie di dipendenti è ricompresa la messa a disposizione dei benefit, nei confronti di un gruppo omogeneo di dipendenti, a prescindere dalla circostanza che in concreto soltanto alcuni di essi ne esufruiscano”,

In base alla uova formulazione della lettera f) dell’articolo 51 del TUIR, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente “l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti i a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12 per le finalità di cui al comma 1 dell’articolo 100”.

Se l’erogazione avviene a titolo di adempimento di “contratto, di accordo o di regolamento aziendale”, il datore di lavoro fruisce della deducibilità integrale dei relativi costi ai sensi dell’articolo 95 del TUIR, e non nel solo limite del cinque per mille, secondo quanto previsto dall’articolo 100 del medesimo TUIR.  La circolare della Agenzia delle Entrate precisa che “tale limite di deducibilità continua ad operare, invece in relazione alle ipotesi in cui le opere ed i servizi siano offerti volontariamente dal datore di lavoro”.

Sono soggetti a defiscalizzazione i servizi e le opere offerte dal datore di lavoro aventi finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assitenza sociale e sanitaria o culto.

L’agevolazione fiscale vale anche quando i predetti servizi o opere vengono destinati alla fruizione non dei dipendenti personalmente (o non solo da partedi questi) ma anche dei suoi familiari indicati nell’articolo 12 del TUIR.

La circolare dell’Agenzia delle Entrate conferma che non è necessario che i familiari fruitori dei servizi siano fiscalmente a carico del lavoratore, nè che gli stessi convivano con il dipendente.

Il patto di non concorrenza

patto-di-non-concorrenzaIn molti casi i lavoratori dipendenti, specialmente se altamente specializzati o addetti a funzioni dirigenziali, vengono a conoscenza di dati, fatti o procedure di estrema importanza per l’attività svolta dal datore di lavoro che, in quanto tali, devono essere trattati con la massima riservatezza. Se in costanza di rapporto il lavoratore è tenuto a rispettare l’obbligo di fedeltà, imposto dal Codice Civile e dallo Statuto dei lavoratori, dopo la cessazione del rapporto, l’unica tutela garantita al datore di lavoro è quella prevista dal patto di non concorrenza.

Il patto di non concorrenza è il patto mediante il quale il datore di lavoro – imprenditore, per proteggersi da un’eventuale attività di concorrenza da parte dell’ex concorrenza da parte dell’ex dipendente, può limitare l’attività professionale di quest’ultimo, successiva alla cessazione del rapporto di lavoro.

Il contratto che integra il patto di non concorrenza deve essere redatto in forma scritta, a pena di nullità del patto stesso.  Non assumono dunque alcun rilievo gli eventuali accordi conclusi in forma soltanto verbale o per fatti concludenti.

E’ necessario che il patto preveda un compenso volto a remunerare la limitazione apposta alla legittima possibilità del lavoratore di utilizzare le proprie capacità professionali.

L’oggetto del patto coincide solitamente con l’ambito dell’attività produttiva svolta dall’impresa datore di lavoro, non dovendo essere limitato soltanto alle mansioni effettivamente svolte dal lavoratore.

La disciplina prevista dal Codice Civile prevede la durata massima di cinque anni per i dirigenti e di tre anni per gli altri lavoratori subordinati. Tale limite non è derogabile dalla volontà delle parti.  Qualora il patto preveda una durata maggiore, essa si riduce automaticamente al limite massimo previsto dalla norma.

Per quanto riguarda l’ambito spaziale, si ritiene che esso non sia rilevante di per sè ma che la valutazione dei limiti territoriali sia strettamente connessa a quella relativa ai limiti in oggetto.

Il patto di non concorrenza può essere sottoscritto contestualmente al contratto di lavoro, in costanza di rapporto, ovvero al termine del rapporto stesso, ma la sua validità si esplica comunque dopo l’estinzione del rapporto di lavoro, in quanto, in costanza di esso, il lavoratore è comunque tenuto al dovere di fedeltà sopra richiamato.

Qualora corrisposto in costanza di rapporto di lavoro, il compenso erogato va assoggettato ad IRPeF con le modalità ordinarie ed è parimenti soggetto a contribuzione previdenziale e computabile nella retribuzione utile per il calcolo del T.F.R.

E’ invece soggetto a tassazione separata il compenso erogato all’atto della cessazione del rapporto di lavoro sia in unica soluzione che a rate.

La tutela del diritto di riservatezza dell’attività svolta dall’azienda datore di lavoro prende forma in due distinti istituti a seconda del momento a cui si fa riferimento, ossia:

  • l’obbligo di fedeltà: che deve essere osservato in costanza di rapporto di lavoro – per il quale derivano in capo al lavoratore due obblighi di natura negativa:  1) divieto di concorrenza. 2) obbligo di riservatezza.  L’inosservanza di tale obbligo comporta responsabilità disciplinare, nonchè l’obbligo al risarcimento dei danni subiti dal datore di lavoro (art. 2102 c.c.).  Accanto alla tutela civilistica vi è quella penale per la protezione del segreto professionale ed aziendale (artt. 621-623 c.p.)
  • patto di non concorrenza: che si attiva successivamente alla cessazione del contratto di lavoro. (la disciplina di questo particolare accordo è contenuta nell’art. 2125 del c.c.)

 

Assunzioni di lavoratori over 50: come e quando fruire degli incentivi

bonus-inps-over-50-tutte-le-informazioni_1119071I datori di lavoro privati possono fruire di sgravi contributivi per l’assunzione di lavoratori che abbiano compiuto cinquant’anni e che versino, da oltre 12 mesi, in stato di disoccupazione.

La legge di bilancio conferma, anche per l’anno 2017 il bonus introdotto dalla legge 92/2012.  Il beneficio può essere fruito indipendentemente dalla collocazione territoriale dell’impresa, ed è esteso alle assunzioni a tempo parziale.

Le misure atte ad incentivare l’assunzione di disoccupati ultracinquantenni si inquadrano nel piano di riordino del sistema degli incentivi alle assunzioni volto ad agevolare il reinserimento nel mercato del lavoro di determinate categorie di soggetti ritenute particolarmente meritevoli di tutela.

Quella degli ultracinquantenni è stata certamente una delle categorie di lavoratori più penalizzate nel corso degli ultimi anni, non solo a causa del costante incremento del numero di cessazioni di rapporti di lavoro, ma anche a seguito del forte irrigidimento dei requisiti per l’accesso ai trattamenti pensionistici; questi sono solo alcuni dei molteplici fattori che hanno portato all’introduzione di forme di incentivazione all’assunzione volte ad agevolare il reimpiego dei disoccupati over 50.

Il primo intervento normativo in tal senso risulta infatti essere stata la legge n. 92/2012, che all’art. 4, commi 8-11, ha previsto la possibilità per i datori di lavoro privati di fruire di agevolazioni contributive in caso di assunzione di uomini e donne ultracinquantenni in stato di disoccupazione da oltre 12 mesi.

Per poter beneficiare dello sgravio contributivo è necessario che la persona da assumere abbia compiuto cinquant’anni e che versi da oltre 12 mesi in stato di disoccupazione.

Il beneficio può essere fruito da tutti i datori di lavoro privati, indipendentemente dalla collocazione territoriale dell’impresa.

Come per la generalità delle agevolazioni all’assunzione, anche quella relativa ai lavoratori ultracinquantenni può essere concessa a condizione che la stipulazione del contratto non avvenga per effetto di un obbligo derivante dalla legge o dalla contrattazione collettiva, nè in violazione di eventuali diritti di precedenza all’assunzione di altri lavoratori.

Inoltre, per accedere agli incentivi, la regolarità della situazione contributiva del datore di lavoro deve essere attestata dal DURC e l’azienda deve avere adempiuto agli obblighi di legge in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

L’incentivo spetta anche per i lavoratori a tempo parziale e può essere fruito anche dalle agenzie di somministrazione, mentre sarà escluso in caso di sospensioni del lavoro connesse a situazioni di crisi aziendali o processi di riorganizzazione in atto.

I datori di lavoro privati che stipulano un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato con un soggetto di età pari o superiore a cinquant’anni disoccupato da almeno 12 mesi, possono beneficiare di uno sgravio contributivo in misura pari al 50% dei contributi dovuti ad INPS e INAIL, entro il tetto massimo di 4.030 euro annui.

La durata massima della agevolazione è di 18 mesi dalla data di assunzione, se il contratto è a tempo indeterminato.  Se il contratto di lavoro si stipula a tempo determinato, il periodo massimo è di 12 mesi;  in caso di successiva trasformazione a tempo indeterminato la riduzione contributiva si estende fino al diciottesimo mese.

Ai fini della determinazione del diritto agli incentivi e della loro durata, si cumulano i periodi in cui il lavoratore ha prestato l’attività in favore dello stesso soggetto, a titolo di lavoro subordinato o in somministrazione di lavoro;  non si cumulano invece le prestazioni in somministrazione effettuate dallo stesso lavoratore nei confronti di diversi utilizzatori, anche se fornite dalla medesima agenzia di somministrazione di lavoro, salvo che tra gli utilizzatori ricorrano assetti proprietari sostanzialmente coincidenti, ovvero intercorrano rapporti di collegamento o controllo.

Le Aziende beneficiano dell’agevolazione sotto forma di conguaglio attraverso le denunce contributive mensili, senza possibilità di cumulo con altri incentivi di natura economica o contributiva incompatibili con quello in questione.

L’Apprendistato Professionalizzante

arton10749-f278fAnche dopo la fine degli sgravi contributivi totali, cessati con decorrenza 31.12.2016, l’apprendistato professionalizzante mantiene alcuni vantaggi, in parte economici, anche grazie ai nuovi bonus Sud e giovani.

L’apprendistato professionalizzante è un contratto a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e occupazione dei giovani, con i limiti di età previsti per le diverse tipologie, eccetto coloro che beneficiano di un trattamento di disoccupazione, i quali possono essere assunti in apprendistato professionalizzante senza limiti di età.

L’assunzione deve avvenire in forma scritta e il contratto deve contenere, in forma sintetica, il Piano Formativo Individuale, definito anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali.

La disciplina dell’apprendistato è rimessa ad accordi interconfederali o ai C.C.N.L. nel rispetto dei seguenti principi:

  • divieto di retribuzione a cottimo
  • presenza di un tutor all’interno dell’azienda.

Il lavoratore può essere inquadrato fino a 2 livelli inferiori rispetto a quello spettante secondo quanto previsto dal C.C.N.L. o, in alternativa, si può stabilire la retribuzione in misura percentuale e proporzionata all’anzianità di servizio.  Il periodo di apprendistato può essere prolungato in caso di malattia, maternita, infortunio o altre cause di sospensione involontaria dal lavoro, per periodi di durata superiore ai 30 giorni.  Inoltre, gli apprendisti sono assicurati contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; godono delle tutele per maternità, dell’assegno per il nucleo familiare e della Naspi (disoccupazione) per la quale il datore di lavoro versa un contributo pari all’1,61% della retribuzione imponibile.

Il contratto di apprendistato ha una durata minima non inferiore a sei mesi; tuttavia, per i datori di lavoro che svolgono l’atività in cicli stagionali, i C.C.N.L. possono prevedere specifiche modalità di svolgimento del rapporto, anche a tempo determinato.

Possono essere assunti in tutti i settoi, pubblici o privati, con contratto professionalizzante ai fini contrattuali, i giovani tra i 18 e i 29 anni (per chi possiede una qualifica professionale, il limite scende a 17 anni).  La qualifica professionale da conseguire al termine del contratto è determinata dalle parti sulla base dei profili o qualificazioni professionali previsti dai C.C.N.L.

Accordi interconfederali e contratti collettivi stabiliscono, per il tipo di qualificazione professionale da conseguire, la durata anche minima del periodo di apprendistato, che non può essere superiore a tre anni (cinque per gli artigiani).  Non è ammesso il contratto di apprendistato con un lavoratore che abbia già svolto un periodo di lavoro, continuo o frazionato, in mansioni corrispondenti alla stessa qualifica oggetto del contratto formativo, per una durata superiore alla metà di quella prevista dal C.C.N.L.

Fermi i diversi limiti previsti dal C.C.N.L. solo per i datori di lavoro con oltre 50 dipendenti, l’assunzione di nuovi apprendisti è subordinata alla prosecuzione, a tempo indeterminato, del rapporto alla fine del periodo di apprendistato, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 20% degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore (esclusi i rapporti cessati nel periododi prova, per dimissioni eccetera).  Se la percentuale non è rispettata, è possibile assumere un solo apprendista.  Gli altri sono considerati sin dall’origine lavoratori a tempo indeterminato.

Il datore di lavoro che ha fino a due dipendenti qualificati o specializzati, può assumere fino a tre apprendisti.  Chi ha da tre a nove dipendenti già qualificati, può assumere un apprendista per ogni lavoratore qualificato (e quindi da tre a nove).  Il datoredi lavoro che ha almeno dieci dipendenti già qualificati, può occupare tre apprendisti per ogni due lavoratori già qualificati.  Alle imprese artigiane si applicano limiti diversi.

La formazione professionalizzante di cui è responsabile il datore di lavoro, è integrata dall’offerta formativa pubblica, interna o esterna all’azienda, per un massimo di 120 ore per il triennio.  La formazione esterna è disciplinata da Regioni e Province autonome.  La Regione comunica al datore di lavoro, entro 45 giorni dall’inizio del rapporto, le modalità di svolgimento della formazione pubblica, anche con riferimento a sedi e calendario delle attività.

Il datore di lavoro paga una sanzione pecuniaria da 100 a 600 euro nei seguenti casi:

  • omessa stipula in forma scritta del contratto di apprendistato e del piano formativo individuale
  • pagamento a cottimo
  • inquadramento al di sotto del minimo spettante previsto dal C.C.N.L.
  • assenza del tutore o referente aziendale.

In caso di recidiva la sanzione amministrativa pecuniaria è aumentata da 300 a 1.500 euro.

Nel caso in cui si rilevi un inadempimento nella erogazione della formazione che è stata prevista nel piano formativo individuale, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro adotta un provvedimento di disposizione, assegnando un congruo termine al datore di lavoro per adempiere.  E’ compito del datore di lavoro attivarsi perchè sia rispettato quanto previsto nel Piano Formativo individuale, pena successive sanzioni.

Per l’inadempimento della formazione a carico del datore di lavoro, di cui egli sia il solo responsabile e che sia tale da impedire le finalità del contratto di apprendistato, il datore deve pagare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta per il livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto alla fine dell’apprendistato, maggiorata del 100%, con esclusione di qualsiasi sanzione per omessa contribuzione.

Fatte salve le diverse previsioni di legge o contrattuali, i lavoratori assunti in apprendistato sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative ed istituti.

Tirocini: un’opportunità per studi ed imprese.

I tirocini “non curricolari” – ovvero quelli non inseriti in un piano di studi – costituiscono una misura di politica attiva del lavoro, finalizzata a facilitare le scelte professionali dei giovani e accompagnarli nella transizione fra percorso di studi e inserimento nel mondo del lavoro, ovvero ad agevolare l’inserimento o il reinserimento lavorativo di persone disoccupate.

La disciplina dei tirocini è quella prevista dal “Regolamento Regionale per l’attivazione di tirocini nel territorio del Friuli Venezia Giulia” DPR 198/2016, in vigore dal 3 novembre 2016, che ha abrogato il precedente regolamento del 2013 e successive modifiche, includendo il tale regolamentazione anche i tirocini finalizzati alla inclusione sociale.

In primo luogo è bene scpecificare che: il tirocinio non è un rapporto di lavoro subordinato.

Il vigente Regolamento regionale è applicabile alle seguenti forme di tirocinio:

  • tirocinio formativo e di orientamento: rivolto a soggetti che hanno conseguito da non più di 12 mesi un titolo di studio (diploma tecnico superiore, diploma della scuola secondaria superiore, attestato di qualifica o di diploma professionale, laurea)
  • tirocinio formativo di inserimento o reinserimento al lavoro: rivolto a lavoratori per l’inserimento o il reinserimento nel mondo del lavoro di soggetti privi di occupazione (inoccupati, disoccupati o in mobilità, in cassa integrazione guadagni straordinaria o cassa integrazione in deroga)
  • tirocinio estivo: rivolto a studenti della scuola secondaria superiore, dei percorsi di istruzione e formazione professionale e dell’università, e può svolgersi nell’arco temporale della sospensione estiva delle attività didattiche.
  • tirocinio in favore di soggetti svantaggiati: (disabili, in carico ai servizi sociali, soggetti du cui alla Legge 381/91, richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, cittadini stranieri in possesso di permesso di soggiorno per motivi umanitari/sussidiari)
  • tirocinio finalizzato all’inclusione sociale, all’autonomia delle persone e alla riabilitazione in favore di persone prese in carico dai servizi sociali e/o dai servizi sanitari competenti
  • tirocinio PIPOL: rivolto ai giovani iscritti e profilati con il programma regionale “Garanzia Giovani” per i quali le imprese possono beneficiare della copertura di una parte dell’indennità di partecipazione erogata al lavoratore.

I soggetti ai quali è possibile applicare la vigente normativa, devono avere compiuto 18 anni di età (ad esclusione dei tirocinanti in uscita dai percorsi di istruzione e formazione professionale e degli studenti da avviare nei tirocini estivi) e devono essere:

  1. studenti, ma entro i 12 mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio (diploma della scuola secondaria superiore, attestato di qualifica, diploma professionale, laurea)
  2. disoccupati, inoccupati, o in mobilità, soggetti svantaggiati
  3. lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria o cassa integrazione in deroga
  4. per i tirocini finalizzati all’inclusione sociale devono essere in carico ai servizi sociali e/o ai servizi sanitari competenti.

Il Tirocinio non incide sullo stato di disoccupazione posseduto dal tirocinante.

Il tirocinio si svolge presso il soggetto ospitante, ovvero il datore di lavoro che realizza il tirocinio.

Il soggetto ospitante deve:

  • essere in regola con la normativa sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e con le disposizioni di cui alla legge 68/1999 in materia di diritto al lavoro dei disabili
  • favorire l’esperienza del tirocinio nell’ambiente di lavoro
  • garantire la formazione teorica relativa alle norme sulla sicurezza e sulla saluto ei luoghi di lavoro
  • designare un tutor aziendale che ha il compito di seguire il tirocinante nello svolgimento del tirocinio (che può seguire al massimo 3 tirocinanti contemporaneamente)
  • assicurare il lavoratore all’INAIL e con una polizza per la Responsabilità Civile verso terzi.

Per ciascuna “unità operativa” le aziende possono attivare un numero massimo di tirocini come segue:

dimensione aziendale:                                                                                      numero:

da 1 a 5 dipendenti a tempo indeterminato                                          1 tirocinante

da 6 a 19 dipendenti a tempo indeterminato                                        2 tirocinanti contemporaneamente

da 20 dipendenti a tempo indeterminato e oltre                                 <=10% dei dipendenti

per le imprese artigiane anche senza dipendenti                                 1 tirocinante

studi professionali senza dipendenti                                                      1 tirocinante

aziende agricole senza dipendenti                                                          1 tirocinante

  • i tirocini non rientrano nel computo dei limiti relativi ai lavoratori assunti con contratto di apprendistato
  • la deroga prevista per le imprese senza dipendenti è limitata ai percorsi formativi coerenti con l’attività delle imprese
  • sono esclusi dal rispetto dei limiti i tirociniin favoredei soggetti svantaggiati ed i tirocini curricolari
  • le frazioni di unità uguale o superiori a 0,5 si arrotondano all’unità superiore.

La durata del tirocinio è commisurata alla complessità del progetto formativo e:

  • non può essere inferiore a 2 mesi e superiore a 6 mesi, proroghe comprese
  • non può essere inferiore a 3 settimane e superiore a 3 mesi per i tirocini estivi, proroghe comprese
  • non può essere inferiore a 3 mesi e superiore a 6 mesi per i tirocini con soggetti registrati a Garanzia Giovani – PIPOL
  • non può superare i 18 mesi nel caso di soggetti svantaggiati
  • non può superare i 24 mesi nel caso di tirocini finalizzati all’inclusione sociale

E’ possibile prorogare la durata iniziale del tirocinio ma entro il limite massimo.

Il tirocinio non può essere attivato nei seguenti casi:

  1. l’impresa non è in regola con la normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro
  2. l’impresa non è in regola con la normativa in materia di diritto del lavoro dei disabili
  3. nei 12 mesi precedenti la data di attivazione del tirocinio, l’impresa ospitante ha effettuato licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, con riferimento alla sola unità aziendale nella quale si siano verificati gli eventi e con riferimento alle sole mansioni cui erano adibiti i lavoratori interessati
  4. l’impresa ospitante ha in corso sospensioni dal lavoro o riduzioni di orario connesse a qualsiasi tipo di ammortizzatore sociale, con riferimento alla sola unità aziendale nella quale si siano verificati gli eventi e con riferimento alle sole mansioni cui erano adibiti i lavoratori interessati
  5. il tirocinante ha già avuto precedenti rapporti di lavoro con l’impresa ospitante
  6. il tirocinante ha già svolto un tirocinio presso la stessa impresa ospitante, anche se per progetti formativi di diverso contenuto (ad eccezione dei tirocini a favore dei soggetti svantaggiati)
  7. per i tirocini estivi non può realizzare più di 2 tirocini estivi presso la stessa azienda ospitante, anche per progetti formativi di diverso contenuto
  8. per sostituire lavoratori dipendeenti dell’impresa ospitante con contratto a termine o per personale assente per malattia, maternità o ferie
  9. per ricoprire ruoli necessari all’organizzazione aziendale

Aspettativa non retribuita e durata massima

L’aspettativa è un’ipotesi di sospensione del rapporto di lavoro, volta a conciliare la posizione di lavoratore del lavoratore subordinato e la sussistenza di impegni di rilevanza pubblica o il verificarsi di situazioni di natura personale o familiare.

Sono diversi e molteplici le ipotesi che garantiscono la sospensione del rapporto, ossia,

  • nel caso in cui il lavoratore sia chiamato a ricoprire cariche pubbliche elettive o sindacali;
  • nei casi di cure termali e tossicodipendenza;
  • altre ipotesi particolari.

Quanto alle modalità di concessione e durata massima la materia è disciplinata dal C.C.N.L. applicato.  Alcuni C.C.N.L. stabiliscono che, al dipendente non in prova che ne faccia richiesta, può essere concesso, compatibilmente con le necessità tecnico-organizzative dell’impresa e per una sola volta l’anno, un periodo di aspettativa della durata minima di 4 settimane consecutive, per ragioni di studio o per motivi personali o familiari, senza retribuzione e senza decorrenza dell’anzianità ad alcun effetto.

Qualora il C.C.N.L. applicato nulla preveda in merito, occorre rifarsi alla normativa nazionale.  In particolare, l’aspettativa per motivi personali o di famiglia è disciplinata dagli art. 69-70 del DPR n. 3/1957, prevede un periodo massimo di 12 mesi, da fruire in maniera continuativa o frazionata.

Per interrompere l’aspettativa, e quindi per ripristinare il diritto a chiedere altri 12 mesi, è necessario il rientro in servizio attivo superiore a 6 mesi; in ogni caso il limite massimo non può essere superiore a 2 anni e 6 mesi in un quinquennio.  Superato questo limite si può chiedere – per motivi di particolare gravità – un ulteriore periodo non superiore a 6 mesi.  L’aspettativa comporta il solo diritto alla conservazione del posto, senza retribuzione e con l’interruzione dell’anzianità di servizio.

L’aspettativa deve essere richiesta per iscritto con la specifica delle motivazioni.

Vademecum della gestione ferie

L’istituto delle ferie.

Fonte: il diritto del lavoratore a godere di ferie annuali retribuite è previsto direttamente dall’art. 36, co. 3 della Costituzione, il quale, altresì aggiunge che questi (il lavoratore) non può rinunciarvi.  Altre norme che hanno contribuito a precisare tale diritto sono l’art. 2109 c.c. e l’art. 10 del D.Lgs 66/2003.  Disposizioni importanti per la gestione dell’istituto sono poi contenute nei singoli Contratti Collettivi.

Cessione dei riposi e delle ferie: a seguito delle modifiche introdotte con il Jobs Act e fermi restando i diritti di cui al D.Lgs. 66/2003, i lavoratori possono cedere a titolo gratuito i riposi e le ferie da loro maturati ai lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro, al fine di consentire a questi ultimi di assistere i figli minori che per le particolari condizioni di salute necessitano di cure costanti, nella misura, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi (anche aziendali) stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale applicabili al rapporto di lavoro.

Funzione: l’istituto delle ferie – nella sua accezione classica – è esplicitamente volto a consentire al lavoratore di “fare una pausa” dopo un anno di lavoro e di reintegrare le proprie energie psichiche e fisiche usurate, appunto dalla prestazione di lavoro; non solo, esso ha anche lo scopo di consentirgli di porre maggior cura e tempo nelle relazioni affettive e sociali.

Maturazione: il diritto alle ferie matura pro quota, ossia normalmente in dodicesimi in relazione ai mesi di servizio prestato; a tal fine, salvo previsione contraria da parte del contratto collettivo, l’aver lavorato per una frazione di mese pari o superiore a 15 giorni, normalmente comporta la spettanza di un rateo mensile di ferie.  Le ferie maturano anche durante una serie di assenze, tra le quali: l’astensione obbligatoria della madre e il congedo di paternità, la malattia, le ferie stesse e il congedo matrimoniale.  Esse, per contro, salvo diverso accordo delle parti, non maturano non maturano le ferie durante l’aspettativa (le aspettative varie non retribuite), lo sciopero e le assenze non giustificate, la sospensione per cassa integrazione a zero ore, il congedo parentale.

Soggetti interessati: sono tenuti a consentire l’effettuazione delle ferie tutti i datori di lavoro, siano essi imprese o meno e, per converso, hanno diritto alla relativa fruizione, tutte le categorie e le tipologie di lavoratori, inclusi i collaboratori domestici. Il diritto alle ferie spetta quindi anche al lavoratore assunto in prova in caso di recesso dal contratto durante il periodo di prova medesimo.

Potere di decidere le ferie: se la determinazione della misura delle ferie dipende di fatto da quanto prevede il contratto collettivo che regolamenta il rapporto tra le parti, il potere di stabilire quando il dipendente può assentarsi spetta al datore di lavoro, il quale tuttavia, oltre che delle esigenze dell’impresa, deve tener conto degli interessi del prestatore subordinato.  Il datore di lavoro deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento. Il lavoratore non può scegliere arbitrariamente il periodo di godimento delle ferie, trattandosi di evento che va coordinato con le esigenze di un ordinato svolgimento dell’attività dell’impresa e la cui concessione costituisce una prerogativa riconducibile al potere organizzativo del datore di lavoro: in questo caso l’assenza si configura come ingiustificata con conseguente legittimità dell’applicazione delle sanzioni disciplinari previste fino al licenziamento.  Il dipendente può essere collocato in congedo anche d’ufficio, essendo il congedo ordinario finalizzato al recupero psico-fisico del lavoratore e quindi, indirettamente, anche a un miglioramento complessivo delle sue prestazioni lavorative.

Richiamo del lavoratore: molti contratti disciplinano la facoltà del datore di lavoro, normalmente per serie ed apprezzabili ragioni, di richiamare il lavoratore che si sia recato, debitamente autorizzato, in ferie. In questi casi, il lavoratore è tenuto a ubbidire. I contratti collettivi stabiliscono regole e causali e regolamentano gli aspetti economici; in ogni caso, il lavoratore ha diritto a effettuare in seguito il periodo di assenza non regolarmente fruito.

 Modifiche del periodo di ferie: le modifiche al periodo feriale derivante  da una riconsiderazione datoriale delle esigenze aziendali sono consentite a condizione che ne sia data comunicazione al lavoratore con un congruo preavviso e prima dell’inizio del godimento delle ferie, non essendo il prestatore tenuto a essere reperibile durante tale periodo.

Ferie collettive: in virtù del proprio potere di determinare il periodo di godimento delle ferie, il datore di lavoro può legittimamente decidere (ciò avviene normalmente in agosto, specie per le attività di tipo produttivo) di chiudere l’impresa, sospendendo on toto l’attività oppure di remare solo alcuni reparti; in questi casi il lavoratore non può opporsi.  Il lavoratore la cui malattia cada durante un periodo di ferie annuali ha diritto, una volta ristabilitosi, di godere delle proprie ferie in periodo diverso, concordandolo con il datore di lavoro.

Misura e fruizione: salvo disposizioni più favorevoli dei contratti collettivi o di quello individuale di lavoro, il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuito non inferiore a quattro settimane; quindi nel caso di fruizione di un periodo feriale consecutivo di quattro settimane, tale periodo qeuivale a 28 giorni di calendario.  Eccezion fatta per particolari categorie di lavoratori e salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, il periodo di 4 settimane va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione (in caso es. di maturazione dal 01/09/16 al 31/08/17  i diciotto mesi scadono il 28/02/19).  Il datore di lavoro deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie.  Qualora la fruizione dele ferie, come da contratto collettivo o da programma concordato tra datore di lavoro e lavoratore, sia impedita da eventi di malattia, infortuni o maternità, non si ha violazione delle norme di legge e le parti concordano tra loro l’individuazione di un nuovo periodo, considerando sempre in via prioritaria gli interessi dell’impresa.

Vademecum del buon datore di lavoro

newsCon il presente vademecum si vuole proporre una linea-guida per tutti i datori di lavoro, al fine di una corretta gestione del personale dipendente e dei collaboratori.  Di seguito riportiamo una elencazione esaustiva delle principali norme e adempimenti che la legge pone a carico dei datori di lavoro in materia di rapporti con il personale dipendente.  Sarà nostra premura comunicare tempestivamente l’eventuale introduzione di nuovi adempimenti ed aggiornamenti circa la legislazione di riferimento.

  • Assunzioni

l’assunzione di nuovi lavoratori o l’avvio di nuove collaborazioni, pone a carico del datore di lavoro o del committente l’obbligo della comunicazione preventiva al competente Centro per l’impiego, nonchè le registrazioni obbligatorie sul Libro Unico del Lavoro che ne discendono. Per definire correttamente la pratica di assunzione o avvio del rapporto di collaborazione, i documenti da produrre allo studio, da parte del datore di lavoro o committente sono i seguenti:

a) documento di identità del lavoratore in corso di validità

b) permesso di soggiorno in corso di validità per i lavoratori cittadini extracomunitari; in caso di permesso scaduto  sarà necessario la ricevuta di richiesta del rinnovo

c) fotocopia tesserino del codice fiscale

La mancanza anche di uno solo dei documenti su riportati comporterà l’impossibilità di attivare la pratica di assunzione o avvio del rapporto di collaborazione

d) per i soli lavoratori pensionati, frontespizio del certificato di pensione

e) eventuali dichiarazioni o certificazioni rilasciate dal datore di lavoro o committente precedente, valide ai fini di erogazioni di prestazioni o conguaglio di fine anno.

Prima di procedere a qualsiasi forma di assunzione o collaborazione sarà opportuno valutare con lo studio la tipologia di contratto da attuare; l’eventuale necessità di effettuare visite mediche preventive; la possibilità di usufruire di sgravi contributivi e/o fiscali; l’obbligo di rispettare la normativa in materia di collocamento obbligatorio; il diritto di precedenza nella assunzione di lavoratori precedentemente licenziati.

Contestualmente all’avvio del rapporto di lavoro, dovrà essere consegnata al lavoratore la “lettera o contratto di assunzione” contenente i dati relativi al contratto instaurato.

Anche il personale “in prova” dovrà essere regolarmente assunto tramite comunicazione al Centro per l’impiego sin dall’inizio del rapporto di lavoro. La comunicazione di assunzione dovrà essere fatta prima dell’inizio del periodo di prova e non al termine dell’esito del periodo stesso.  Il periodo di prova dev’essere stipulato per iscritto ed inserito nella lettera o contratto di assunzione prima dell’inizio del rapporto, pena la nullità del patto stesso.  Qualora l’azienda si trovi a dover procedere ad un’assunzione (in caso di urgenza dovuta a esigenze produttive) al di fuori dell’orario di lavoro dello studio, sarà possibile, tramite il modulo Unificato Urg effettuare la prevista comunicazione.  Entro il primo giorno utile, la comunicazione sarà poi completata dal nostro ufficio, con l’invio del Modello Unificato LAV.  Il modulo Unificato Urg scaricabile al seguente http://.cliclavoro.gov.it (http://www.cliclavoro.gov.it/Moduli%20e%20Documenti/UNIURG_AGGIORNATO.v6.pdf) può essere utilizzato in forma cartacea, ed inviato al fax server (848 800 131) del Ministero del lavoro e della Previdenza Sociale.

  • Modifiche del rapporto di lavoro

per tutte le modificazioni del rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione (proroghe, trasformazioni, distacchi, trasferimenti, modifiche della ragione sociale, trasferimenti d’azienda o di ramo di essa), il termine per la comunicazione è di 5 giorni (entro 5 giorni dal giorno di avvenuta variazione)

In caso di omessa o ritardata comunicazione al Centro per l’Impiego è prevista una sanzione da 100 a 500 euro.

  • Cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni o risoluzione consensuale

I nominativi dei lavoratori dimissionari devono essere comunicati da parte delle aziende allo studio con la massima tempestività, onde permetterci di espletare entro 5 giorni gli opportuni adempimenti al Centro per l’Impiego.

A far data dal 12 marzo 2016, le dimissioni volontarie e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro dovranno essere effettuate in modalità esclusivamente telematica, tramite una semplice procedura inline accessibile dal sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.  Restano esclusi da tale modalità il lavoro domestico, i casi di risoluzione a seguito di conciliazione sragiudiziale e le ipotesi di convalida presso la FTL previste dall’art. 55, comma 4 del D.Lgs 151/2001, relative ai genitori lavoratori.

E’ possibile procedere personalmente oppure per mezzo di soggetti abilitati, quali: Patronati, Organizzazioni sindacali, Commissioni di certificazione, Enti bilaterali, Consulenti del lavoro, sedi territoriali dell’Ispettorato nazionale del lavoro.  Per procedere senza l’assistenza dei soggetti abilitati è necessario avere il PIN dispositivo dell’INPS.

  • Licenziamenti

Le aziende che intendono procedere al/i licenziamento/i devono preventivamente mettersi in contatto con lo studio.

Eventuali licenziamenti effettuati senza giusta causa o giustificato motivo sono considerati “illegittimi”.

Sarà necessario valutare la possibilità di intimare il licenziamento secondo quanto previsto dalle vigenti leggi e/o applicare i provvedimenti disciplinari previsti dal CCNL; in mancanza della procedura corretta si rischia di vedersi impugnare il licenziamento da parte del lavoratore, con conseguenze organizzative ed economiche non di poco conto.

E’ opportuno non assumere mai iniziative punitive o estromissive di alcun genere nei confronti dei lavoratori, senza prima avere interpellato lo studio.

La riforma fornero ha previsto che, a decorrere dal 01.01.2013, in ogni caso di interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ad esclusione dei casi per dimissioni e compreso il licenziamento al termine del periodo formativo di apprendistato, il datore di lavoro sia tenuto a pagare un importo pari al 50% del trattamento mensile di ASPI (l’assicurazione sociale per l’impiego che sostituisce la disoccupazione) per ogni 12 mesi di anzianità aziendale degli ultimi 3 anni (ticket di licenziamento per l’anno 2016, euro 489,65 per ogni anno di lavoro effettuato fino ad un massimo di tre).

  • Infortuni sul lavoro

I datori di lavoro o committenti devono informare immediatamente lo studio al verificarsi di qualsiasi infortunio accaduto ai dipendenti/collaboratori, anche se di lieve entità, omde permettere di eseguire tutti gli adempimenti previsti, quali:

  1. denuncia di infortunio all’INAIL entro due giorni dalla ricezione del certificato medico (art. 53 T.U. INAIL 1124/1965).  A tal fine,si consiglia di indicare sul certificato prodotto dal lavoratore o da chi per esso, la data con la firma della persona che ha consegnato il certificato, sì da evitare contestazioni;
  2. inviare al Cliente i dati per l’aggiornamento del Registro infortuni.

Se si tratta di infortunio che abbia come conseguenza la morte o per il quale sia previsto il pericolo di morte, la denuncia dovrà essere fatta altresì per telegrafo entro le 24 ore dall’infortunio medesimo.

Le aziende dovranno, pertanto, essere tempestive nel descrivere le cause circostanziate dell’infortunio e nel trasmettere allo studio il certificato medico d’infortunio.  Analoga prassi è prevista in caso di malattia professionale sofferta da qualche dipendente, la cui denuncia INAIL và però inoltrata – sempre on-line entro i 5 giorni successivi a quello in cui il lavoratore ha fatto denuncia al datore di lavoro.

Si raccomanda vivamente alle aziende di attenersi a quanto sopra indicato, onde evitare ritardi nella trasmissione delle relative denunce di infortunio o malattia professionale, la cui responsabilità ricadrebbe esclusivamente sulle stesse.

Ultime istruzioni in materia di utilizzo dei buoni lavoro – voucher

voucher-buoni-lavoro-accessorioTracciabilità voucher a maglie larghe. Queste sono le istruzioni diramate dal Ministero del lavoro, con la nota prot. 20137 del 2.11.2016, con cui diffonde alcuni chiarimenti sulla nuova comunicazione oraria preventiva sul lavoro accessorio introdotta a far data dall’8 ottobre 2016.

Queste le precisazioni:

  • è sufficiente una sola comunicazione per l’attività svolta in un’unica giornata, anche a fasce orarie differenziate (mattino, pausa pranzo, pomeriggio).
  • è sufficiente una sola comunicazione anche nell’ipotesi in cui un lavoratore presti attività tutti i giorni di un’intera settimana
  • è altresì sufficiente una sola comunicazione anche per una pluralità di lavoratori.
  • la comunicazione preventiva via mail (al momento unico modo utilizzabile) può essere eseguita anche dall’indirizzo mail di un professionista abilitato (Consulente del Lavoro, Commercialista ecc.)
  • la comunicazione può avvenire con posta elettronica ordinaria. Questo anche perchè l’indirizzo mail che riceve non risulta essere un indirizzo Pec.
  • fino alla creazione di un’apposita struttura tecnologica, l’unica modalità di comunicazione preventiva ammessa dall’Ispettorato è quella via mail.
  • i soggetti che, pur in possesso di partita Iva non sono imprenditori (P.A., ambasciate, partiti, associazioni sindacali, Onlus ecc.) non rientranti nella nozione di imprenditore o professionista, non sono tenuti ad effettuare la comunicazione alla competente Dtl, ma devono provvedere esclusivamente alla dichiarazione di inizio attività nei confronti dell’INPS.

La tracciabilità dei voucher è una delle principali novità introdotte dal D.Lgs 185/2016.  Praticamente si tratta di comunicare non oltre i 60 minuti che precedono l’inizio della prestazione di lavoro accessorio, alla competente Dtl (Direzione Territoriale del Lavoro), i dati del prestatore, il luogo e la data e l’ora di inizio e termine della prestazione stessa.

La tracciabilità tocca esclusivamente il mondo dele partite Iva, cioè imprese e professionisti. Sono esclusi invece gli altri committenti, cioè le famiglie e anche il mondo non profit.

Qualora il committente non provveda ad eseguire entrambe le comunicazione preventive, ad Inps ed alla Dtl, gli Organi di vigilanza potranno applicare esclusivamente la maxi sanzione per lavoro nero e non anche la sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione.

VOUCHER: parte la tracciabilità

voucher-buoni-lavoro-accessorioCon la approvazione definitiva, da parte del Consiglio dei Ministri del Decreto Legislativo n. 185/2016, correttivo di cinque decreti delegati al Jobs Act, sono state apportate modifiche alle modalità di comunicazione dell’utilizzo di lavoro accessorio.

Innanzitutto occorre premettere che, per prestazioni occasionali di tipo accessorio, si intendono delle prestazioni lavorative, definite appunto accessorie, in quanto non riconducibili a forme tipiche di contratto di lavoro, assicurando comunque ai prestatori di lavoro delle minime tutele previdenziali e assicurative.

L’art. 48 del Decreto Legislativo 81/2015, così recita: “per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro netti nel corso di un anno civile” . (si intende per anno civile il periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre di ogni anno). Fermo restando il limite complessivo di 7.000 euro netti (euro 9.333 lordi), nei confronti dei committenti imprenditori o professionisti, le attività lavorative possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro netti , rivalutati annualmente (per l’anno 2016 euro 2.020 netti ovvero euro 2.693 lordi).

Si ricorda, soprattutto, che proprio in considerazione di tale limite, il committente ha poi l’obbligo di verificare il non superamento del limite economico da parte del prestatore.  A tal fine, potrà richiedere al prestatore una dichiarazione in ordine al non superamento degli importi massimi previsti, riferita sia ai voucher riscossi nell’anno che a quelli ricevuti dallo stesso o da altri committenti e non ancora riscossi.

L’acquisizione di tale dichiarazione costituisce elemento necessario e sufficiente ad evitare, in capo al datore di lavoro, eventuali conseguenze di carattere sanzionatorio.

Novità introdotte dal correttivo al Jobs act per il tramite del Decreto Legislativo 185/2016 ed entrate in vigore il 18.10.2016

  • rimane invariata la comunicazione preventiva di attivazione dei voucher da eseguirsi on line operando sul sito dell’INPS;
  • viene introdotta una nuova comunicazione che le aziende non agricole ed i professionisti committenti dovranno, almeno 60 minuti prima della prestazione eseguire, consistente nell’ inviare una mail o un sms agli indirizzi riportati (sms al numero: 3399942256 ancora non attivo) – (mail per le aziende operanti in provincia di Pordenone: voucher.pordenone@ispettorato.gov.it) indicante, oltre ai dati del committente (ragione sociale e codice fiscale), anche quelli relativi ad uno o più prestatori ed alle prestazioni di lavoro occasionale accessorie (dati anagrafici o codice fiscale del lavoratore; luogo della prestazione; giorno di inizio e termine della prestazione; ora di inizio e di fine della prestazione).

Come prevede la circolare n. 1/2016 del neo costituito Ispettorato Nazionale del Lavoro, le e-mail da inviare alle competenti D.T.L. (Direzioni Territoriali del Lavoro) devono essere prive di qualsiasi allegato, con conseguente inserimento di tutti i dati nelle stesse.

L’Ispettorato spiega, inoltre, che vanno comunicate anche eventuali modifiche o integrazioni delle informazioni già trasmesse.  Anche in tal caso le comunicazioni vanno inviate per e-mail non oltre i 60 minuti prima della delle attività a cui si riferiscono.

La violazione dell’obbligo di comunicazione comporta l’applicazione della sanzione amministrativa da euro 400 a euro 2.400 in relazione a ciascun prestatore per cui è stata omessa la comunicazione, senza possibilità di avvalersi della diffida.  Qualora, oltre alla nuova comunicazione dovesse mancare anche la dichiarazione di inizio attività all’INPS, è prevista l’applicazione della maxi sanzione per lavoro nero.

Per il primo periodo di vigenza del nuovo obbligo (dall’8 al 17 ottobre 2016) l’Ispettorato Nazionale del Lavoro dispone che, nessuna sanzione potrà essere applicata, causa l’assenza di indicazioni operative.