Il patto di non concorrenza

patto-di-non-concorrenzaIn molti casi i lavoratori dipendenti, specialmente se altamente specializzati o addetti a funzioni dirigenziali, vengono a conoscenza di dati, fatti o procedure di estrema importanza per l’attività svolta dal datore di lavoro che, in quanto tali, devono essere trattati con la massima riservatezza. Se in costanza di rapporto il lavoratore è tenuto a rispettare l’obbligo di fedeltà, imposto dal Codice Civile e dallo Statuto dei lavoratori, dopo la cessazione del rapporto, l’unica tutela garantita al datore di lavoro è quella prevista dal patto di non concorrenza.

Il patto di non concorrenza è il patto mediante il quale il datore di lavoro – imprenditore, per proteggersi da un’eventuale attività di concorrenza da parte dell’ex concorrenza da parte dell’ex dipendente, può limitare l’attività professionale di quest’ultimo, successiva alla cessazione del rapporto di lavoro.

Il contratto che integra il patto di non concorrenza deve essere redatto in forma scritta, a pena di nullità del patto stesso.  Non assumono dunque alcun rilievo gli eventuali accordi conclusi in forma soltanto verbale o per fatti concludenti.

E’ necessario che il patto preveda un compenso volto a remunerare la limitazione apposta alla legittima possibilità del lavoratore di utilizzare le proprie capacità professionali.

L’oggetto del patto coincide solitamente con l’ambito dell’attività produttiva svolta dall’impresa datore di lavoro, non dovendo essere limitato soltanto alle mansioni effettivamente svolte dal lavoratore.

La disciplina prevista dal Codice Civile prevede la durata massima di cinque anni per i dirigenti e di tre anni per gli altri lavoratori subordinati. Tale limite non è derogabile dalla volontà delle parti.  Qualora il patto preveda una durata maggiore, essa si riduce automaticamente al limite massimo previsto dalla norma.

Per quanto riguarda l’ambito spaziale, si ritiene che esso non sia rilevante di per sè ma che la valutazione dei limiti territoriali sia strettamente connessa a quella relativa ai limiti in oggetto.

Il patto di non concorrenza può essere sottoscritto contestualmente al contratto di lavoro, in costanza di rapporto, ovvero al termine del rapporto stesso, ma la sua validità si esplica comunque dopo l’estinzione del rapporto di lavoro, in quanto, in costanza di esso, il lavoratore è comunque tenuto al dovere di fedeltà sopra richiamato.

Qualora corrisposto in costanza di rapporto di lavoro, il compenso erogato va assoggettato ad IRPeF con le modalità ordinarie ed è parimenti soggetto a contribuzione previdenziale e computabile nella retribuzione utile per il calcolo del T.F.R.

E’ invece soggetto a tassazione separata il compenso erogato all’atto della cessazione del rapporto di lavoro sia in unica soluzione che a rate.

La tutela del diritto di riservatezza dell’attività svolta dall’azienda datore di lavoro prende forma in due distinti istituti a seconda del momento a cui si fa riferimento, ossia:

  • l’obbligo di fedeltà: che deve essere osservato in costanza di rapporto di lavoro – per il quale derivano in capo al lavoratore due obblighi di natura negativa:  1) divieto di concorrenza. 2) obbligo di riservatezza.  L’inosservanza di tale obbligo comporta responsabilità disciplinare, nonchè l’obbligo al risarcimento dei danni subiti dal datore di lavoro (art. 2102 c.c.).  Accanto alla tutela civilistica vi è quella penale per la protezione del segreto professionale ed aziendale (artt. 621-623 c.p.)
  • patto di non concorrenza: che si attiva successivamente alla cessazione del contratto di lavoro. (la disciplina di questo particolare accordo è contenuta nell’art. 2125 del c.c.)

 

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